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Brand positioning: la differenza la fa il brand!

Brand Positioning

Come differenziarsi rispetto alla concorrenza? Studiamo il brand positioning.

Posizionamento della marca: differenziazione, studio, analisi, comunicazione. Alla base di ogni strategia di marketing è necessario creare un brand positioning, è grazie ad esso infatti che si possono stabilire le variabili del marketing mix in modo corretto. Ecco perché oggi dedichiamo la nostra attenzione a questo processo indispensabile, vero e proprio primo passo nel mondo del marketing e del branding.

Cos’è il Brand positioning

Sapersi distinguere. È questo il cuore del brand positioning! Il cliente/consumatore deve percepire in maniera diversa e rilevante il tuo marchio rispetto alla moltitudine dei competitor. Alla base del brand positioning vi è dunque un’attenta analisi di mercato che studi la concorrenza e individui punti di forza e di debolezza del marchio per poterlo “differenziare”.

Questa attività è alla base del marketing stesso, senza distinzione infatti non c’è strategia di vendita. L’obiettivo di una strategia di marketing è proprio quello di rendere unica e differente la propria proposta.

L’attività di brand positioning, può essere di posizionamento o di riposizionamento del brand, o prodotto, sul mercato. Non è detto, infatti, che la posizione raggiunta sia quella desiderata oppure che debba rimanere la stessa nel tempo, ecco perché l’analisi del target, del bisogno soddisfatto dalla marca e della concorrenza deve essere costante. Solo così sarà possibile sapere sempre dove ti trovi e come, eventualmente, riposizionarti.

Come nasce il Brand positioning

Il posizionamento è stato teorizzato per la prima volta da Jack Trout nel 1969. I suoi studi, raccolti nel testo “Positioning: the battle for your mind” del 1981 definiscono il posizionamento un processo per creare un’immagine nella mente del target. Questa immagine viene creata per far sì che un potenziale cliente possa associare dei valori a un prodotto, un brand, un’organizzazione.

Alcuni studi attribuiscono a David Mackenzie Ogilvy la paternità di questo concetto. Ogilvy era un pubblicitario britannico fondatore dell’agenzia Ogilvy & Mather. Il successo delle sue campagne era dovuto agli attenti studi del mercato, egli è stato infatti uno dei padri della corrente scientifica della pubblicità moderna. Già nel 1955 Olgivy diceva: “Tutti nell’organizzazione devono comprendere il posizionamento del marchio e utilizzarlo come contesto per prendere decisioni” (AAAA Luncheon in Chicago, 4 October 4, 1955).

Solo successivamente Trout ha teorizzato il meccanismo mentale del consumatore. Secondo questo meccanismo l’uomo semplifica i processi informativi e memorizza queste informazioni in modo logico per selezionare le numerose informazioni a cui è sottoposto. Sempre più sopraffatta dall’enorme mole di pubblicità, la mente umana riesce così a scartare le informazioni senza memorizzarle quando non trova uno “spazio” nel quale inserirle. Il brand dovrebbe quindi essere in grado di vincere la “battaglia per la tua testa”, facendosi largo.

Gli elementi del brand positioning

Il brand positioning si compone di alcuni elementi fondamentali. Si tratta di step che consentono di arrivare a posizionarsi sul mercato:

  • Creare una reputazione.
  • Mettere in campo azioni di comunicazione.
  • Riferirsi ad un target identitario.
  • Verificare il modello di business, il piano di vendita e il ROI (Return on investment).
  • Avere un feedback sulla strategia e potenziarla.

Spieghiamoli punto per punto: incremento della percezione del brand individuando i suoi tratti distintivi, amplificazione di questi aspetti attraverso i mezzi di comunicazione che ti faranno raggiungere una audience maggiore e quindi raggiungimento di un livello sufficiente di brand awareness.

Infine, aggancio con il target di riferimento: il target identitario specifico restringe la cerchia dei potenziali clienti alle persone convinte che effettivamente potrebbero acquistare il prodotto. Nei confronti del target identitario dev’essere generato un impulso all’acquisto che chiude il processo con la vendita.

Questa determina a sua volta nuova reputazione, grazie alla soddisfazione o meno del prodotto acquistato. I passaggi successivi sono di verifica di quanto fatto fino a quel momento. Se non ti è chiaro come verificare il ROI, ovvero il “ritorno dell’investimento”, possiamo aiutarti noi a capire cos’è e come calcolarlo. Solo con un feedback sulla strategia sarà possibile correggerla o potenziarla.

Dove e come si posizionano i brand

Rispetto ai concetti di posizionamento e riposizionamento può venirci in aiuto un valido strumento semiotico. Il quadrato della valorizzazione di Floch. Riprendendo il quadrato semiotico, Floch fa un suo quadrato, parte dall’opposizione semiotica fra valori d’uso e valori di base dando vita a 4 valorizzazioni. I valori d’uso caratterizzano un posizionamento “pratico”: semplificando potremmo dire che un brand punta tutta la sua strategia comunicativa sull’utilità del prodotto.

I valori di base sono invece legati ad elementi immateriali (raggiungimento della felicità, sensazione di invincibilità, etc) per cui il brand decide di utilizzare una pubblicità “mitica/utopica”. Un posizionamento “critico” valorizza gli aspetti razionali dell’acquisto (rapporto qualità /prezzo), opponendosi alla valorizzazione mitica, e quello ludico valorizza l’aspetto divertente del messaggio pubblicitario (vs posizionamento pratico). Esempio il Quadrato di Floach.

Oltre al posizionamento rispetto alla valorizzazione che si intende dare al proprio brand, il prezzo resta un fattore fondamentale del brand positioning. Alzare i prezzi, ad esempio, può causare un completo cambiamento del target di riferimento.

Un prodotto che da sempre è stato destinato a fasce di clienti disposte a non spendere più di una certa cifra, abbraccerà quella fetta di mercato. Nel tempo potrà decidere di riposizionarsi aumentando il prezzo.

Così facendo allontanerà una fetta di clienti e non è detto che questa verrà automaticamente soppiantata.

Il caso Marlboro dalle donne ai cowboy!

Un caso che fa scuola in questo settore e che vale la pena di citare è quello della Marlboro. Si tratta di un riposizionamento radicale, addirittura dal mercato femminile a quello maschile!

Fino al 1924 le sigarette non avevano filtro, fu la Philip Morris a lanciarle sul mercato destinandole però solo al pubblico femminile. Si trattava, infatti, di una sigaretta più leggera con un bordo rosso sul lato del filtro che richiamava, e nascondeva, le macchie di rossetto. Solo negli anni ’50 si affermò l’uso della sigaretta con filtro e la Philip Morris si trovò a dover effettuare un’operazione di “brand positioning”, spostando il brand verso il pubblico maschile.

Gli uomini erano disposti a fumare cercando di limitare i danni alla salute ma, secondo le ricerche effettuate, rifiutavano un brand di sigarette “per donne”. A questo punto la Marlboro introdusse un soggetto che potesse incarnare l’ “uomo vero”, nacque così il “Marlboro man” ed era un cowboy. Si tratta certamente di un’operazione coraggiosa che poteva far naufragare del tutto il brand oppure decretarne il successo assoluto.

Conclusioni

Posizionamento, riposizionamento ma anche branding e rebranding sono ingredienti da trattare con cura per poter determinare la ricetta del tuo successo.

Per capire come dosarli, studiando esempi noti e case history, continua a seguire la rubrica AdS.Brand presto ci occuperemo di come può cambiare il “volto” di una marca!

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